1 PRUDENZA


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Nella Dottrina della Chiesa cattolica la Prudenza è la prima delle Virtù cardinali.

Il Catechismo della Chiesa cattolica afferma: "Grazie alla virtù della prudenza applichiamo i principi morali ai casi particolari senza sbagliare e superiamo i dubbi sul bene da compiere e sul male da evitare" (n. 1806).

Grazie ad essa il cristiano, con l'aiuto dello Spirito Santo, è capace di discernere il giusto dall'ingiusto, il bene dal male e trovare la luce e la forza per conseguire la propria salvezza. Esercitare la virtù della Prudenza è dunque praticare un retto discernimento delle azioni umane. Retto vuol dire giusto, leale, onesto, un discernimento, quindi, che porta il cristiano a valutare la correttezza di ogni mezzo per arrivare al fine che si è proposto, e cioè la salvezza della propria anima.

La prudenza assume l'aspetto di una particolare saggezza che si caratterizza come virtù che è abitudine a fare il bene, e si acquista ripetendo pensieri e azioni buone nella loro sostanza. La virtù della Prudenza è emanazione della Sapienza divina, è il primo grande dono dello Spirito SantoFondamento biblico

La Scrittura presenta la virtù della prudenza in diversi contesti.

Innanzitutto la prudenza, anche se è una virtù umana, è sempre elargita da Dio (Gb 12,13; Sap 7,7). L'episodio di Davide e Golia (1Sam 17,44-46) è un chiaro esempio di prudenza come virtù dispensata da Dio.

Uno degli aspetti pratici di questa virtù, dal punto di vista biblico, è la capacità di ascoltare i consigli (Pr 13,10; Qo 4,13; Sir 37,7-11.

Un altro aspetto importante è la capacità di ascoltare il proprio cuore, ossia la propria coscienza (Sir 37,13-14).
Prudenza nel parlare

Un primo ambito nel quale è opportuno esercitare la prudenza è il linguaggio e la conversazione. L'uomo prudente è descritto, come uno che usa la parola in un regime di sobrietà e moderazione. Egli non fa mai abuso del linguaggio, così come non fa abuso di nulla, perché si serve di ogni cosa ricordando che è dono di Dio.

Inoltre, la prudenza del linguaggio è presentata in Qoelet come la capacità di distinguere i tempi opportuni per parlare, da quelli che non lo sono:

« C'è un tempo per parlare e un tempo per tacere. »
  
(Qoelet 3,7)

« Non essere precipitoso con la bocca e il tuo cuore non si affretti a proferire parola davanti a Dio (..) perché dalle molte preoccupazioni vengono i sogni e dalle molte chiacchiere il discorso dello stolto. »
  
(Qoelet 5,1-2)

L'insegnamento sulla prudenza del linguaggio e sulle circostanze nelle quali è necessario pesare le parole, è presente anche nel libro del Siracide:

« Sii pronto nell'ascoltare e lento nel proferire una risposta... nel parlare ci può essere onore e disonore; la lingua dell'uomo è la sua rovina. »
  
(Siracide 5,11.13)

« Se conosci una cosa, rispondi al tuo prossimo; altrimenti mettiti la mano sulla bocca. »
  
(Siracide 5,12)

L'invito alla prudenza non significa venir meno al dovere di istruire il prossimo, né implica un totale silenzio:

« Non astenerti dal parlare al momento opportuno, non nascondere la tua sapienza. »
  
(Siracide 4,23)

È invece inopportuno parlare eccessivamente quando ci si trova davanti ai grandi della terra o a chi è rivestito da autorità istituzionale (Sir 7,14; Sir 7,5).

Altre occasioni in cui bisogna controllare la parola sono inoltre quelle in cui ci si trova a discutere con un uomo irascibile o con una persona che non si conosce ancora bene (Sir 8,16.19). In questi casi bisogna con prudenza controllare le parole e non aprire il cuore a chiunque.

Altro caso del dominio della parola è quello in cui va custodito un segreto confidato dall'amico (Sir 27,16).
Cristo modello di Prudenza
Gesù legge nel Tempio il rotolo di Isaia.

Il credente ha ricevuto, attraverso il Vangelo, un insegnamento e un modello di vita, che è lo stesso Gesù Cristo. La sua esistenza è stata una continua messa in pratica della virtù della prudenza.

Nel passo in cui, da fanciullo, ascolta e interroga i maestri nel Tempio, mostra già di agire con prudenza e sotto la guida dello Spirito Santo (Lc 2,47-49). Le sue risposte sono piene di sapienza divina, e rivelano la piena conoscenza del piano di salvezza del Padre.

Gesù fa tutto per obbedienza al Padre che lo ha mandato come Salvatore del mondo. Nel suo grande amore per l'uomo peccatore, egli liberamente, e quindi non costretto, si è offerto alla sua passione sulla Croce.

La perfetta Prudenza è sempre al servizio dell'amore per il prossimo e porta a guadagnare il Regno dei Cieli.

Conformando la propria vita a Cristo, nell'osservanza dei Comandamenti e nell'amore ai fratelli, il credente cresce nell'acquisizione della prudenza. Tuttavia sa bene che la virtù cardinale della Prudenza non è conquista umana, ma è una dote propria di chi è docile allo Spirito Santo, come lo è stato Gesù.
Altri scritti

La personificazione della prudenza può trovarsi in pieno nella figura di Giuseppe, sposo di Maria, allorché si accorse che la sua fidanzata era incinta. Sapendo di non essere lui il padre di quel Bambino (Mt 1,18-21) si sprofonda nel silenzio e ascolta la risposta divina che sale dall'intimo del suo spirito di uomo giusto.

Nel Nuovo Testamento la prudenza, e l'uso moderato della parola, hanno una sapore fortemente cristologico e rappresentano senza dubbio uno dei vertici della perfezione cristiana:

« Se uno non manca nel parlare, è un uomo perfetto. »
  
(Giacomo 3,2)

Inoltre, poiché il Vangelo può diffondersi soltanto mediante la parola umana, il linguaggio ha acquistato una serietà e un valore che prima non aveva:

« La fede dipende dalla predicazione. »
  
(Romani 10,17)

e ancora:

« È piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. »
  
(1Corinzi 1,21)

La parola umana è quindi uno strumento privilegiato nel disegno divino di salvezza merita il massimo rispetto sia nel suo valore sia nel suo uso.

Anche in Maria possiamo ravvisare una notevole sobrietà di linguaggio. Il Vangelo non riporta di Lei nessuna parola non necessaria. Lo stesso può dirsi di Giuseppe, un uomo che non cede neanche per un momento ai suggerimenti dell'impulso, ma si raccoglie in una lettura profonda delle situazioni prima di decidere il da farsi.

L'uso sobrio e prudente della parola umana è oggetto anche dell'insegnamento di San Paolo.

Nella lettera agli Efesini i cristiani sono invitati a utilizzare un linguaggio veritiero per il fatto di essere stati istruiti nella verità che è in Gesù e di essere stati rinnovati nello spirito della mente (Ef 4,21-23).

Uno dei modi con cui una persona limita in se stessa l'azione dello Spirito è per l'apostolo l'uso disordinato del linguaggio.

In Col 3,9-16 Paolo ricorda ai cristiani, che quando si trovano a parlare di cose serie tra loro, mediante la loro stessa conversazione crescono nella conoscenza di Cristo. Pertanto la prudenza deve guidare il loro dialogo.

Il tema della prudenza è ripreso anche a proposito del ministero pastorale: Timoteo e Tito, pastori delle comunità cristiane di Efeso e di Creta, si sentono indirizzare alcuni consigli pratici su come un pastore debba vigilare per riconoscere i falsi maestri (1Tim 1,6-7).

Due le caratteristiche che Paolo attribuisce ai falsi profeti: la pretesa di sapere e l'eccessiva quantità di parole. Due elementi che possono essere letti come imprudenti.

Un esempio di prudenza, che è anche saggezza e discernimento nella Sacra Scrittura, è la figura di Pietro (At 10-11). Pietro, prima di battezzare Cornelio, si impegna in una scelta difficile, perché deve entrare in casa di un pagano (la legge non glielo permette), preparandosi quindi ad affrontare il giudizio di chi la pensa diversamente. I capitoli 10-11 degli Atti descrivono bene i diversi momenti attraverso cui Pietro giunge a un giudizio prudenziale e coraggioso sul da farsi e osa abbandonare la sua casa, seguire i soldati, superare la soglia della casa del centurione, predicare e battezzare. Egli ha esercitato la virtù della prudenza e del discernimento ascoltando lo Spirito santo che lo ispira mediante una visione, osservando la coincidenza di alcuni fatti umani e ricordandosi di alcuni episodi della vita di Gesù.