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    LA REMISSIONE DEI PECCATI

    Questo articolo del credo ci rinvia subito e direttamente a un sacramento. La remissione dei peccati rinvia non tanto alla penitenza, alla confessione-assoluzione, quanto al battesimo.

    Il credo della messa precisa bene questo punto, facendoci proclamare: Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati.

    Il dono pasquale di Gesù al mondo, la missione costitutiva deIla Chiesa risiedono dunque nella remissione dei peccati: un’effusione dello Spirito che fa della comunità dei credenti il luogo e lo strumento della remissione dei peccati, della vita nuova, della vita divina negli uomini redenti; la culla della nuova nascita dell’umanità e del mondo. "Ricevete lo Spirito santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi" (Gv 20,22).

    Il battesimo è il punto di partenza della conversione di tutta la vita. Il battesimo rimane il segno costitutivo della vita cristiana. È al battesimo che rinvia immediatamente la nostra fede nella "remissione dei peccati". Il sacramento della confessione-penitenza viene solo come supplenza, come un secondo battesimo, che rinvia al nostro stato di battezzati per consolidarlo, potenziarlo e rinnovarlo.

    17.1 Peccato - Peccatore

    Leggendo il vangelo di Giovanni (Gv 8,1-11) possiamo cogliere l’atteggiamento di Gesù verso il peccato e verso il peccatore. Gesù puntò il dito verso terra per non alzarlo né contro l’accusata né contro i suoi implacabili accusatori. Gesù li ama tutti, intensamente, singolarmente. E tutto finì con una confessione generale e con un perdono generale. Parliamo dunque di amore.

    Dio-Amore vuole vivere con il suo popolo un profondo rapporto d’amore. Il peccato consiste nello spezzare, coscientemente, volutamente, malvagiamente, questo profondo rapporto d’amore. Il peccato è un adulterio, il tradimento di un patto d’amore (cfr Ez 16).

    È un rifiuto del Padre, della sua amicizia, della sua familiarità, della dipendenza necessaria che lega i figli al padre (cfr Gen 3).

    Vero Padre, Dio ha creato l’uomo per amore, facendolo, come ogni genitore, a sua "immagine e somiglianza". Gli ha comunicato tutti i suoi beni, compresa la vita divina. Il peccato è la pretesa di rompere questo rapporto filiale, di mangiare "dell’albero della conoscenza del bene e del male" (Gen 2,17), cioè la pretesa di non avere nessuno al di sopra di se stesso, d’essere legge a se stesso, di decidere come si vuole su quanto è bene e su quanto è male, allorché il Padre sa di che cosa abbiamo bisogno (cf. Mt 6,32).

    Questa legge del Padre non ha nulla che faccia pensare a un imperativo esteriore o a una proibizione arbitraria. È un rapporto d’amore più che di signoria: una legge di amore filiale. È una pazzia separarsi da colui dal quale ci viene ogni cosa. Il peccato è il rifiuto della condizione filiale e della dipendenza di vita e d’amore.

    Ed ecco come conseguenza immediata e sommamente deludente la paura di Dio, l’angoscia della colpevolezza. "Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura... e mi sono nascosto" (Gen 3,10). Risultato ancora più lacerante e drammatico, la morte; ci si sente tagliati dall’albero della vita.

    La rottura nei confronti del Padre trascina con sé, come in una reazione a catena, la rottura coi fratelli. Spezzata la catena, tutte le perle si sparpagliano e si disperdono.

    - È finita la famiglia coniugale: "La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato" (Gen 3,12);

    - È finita la famiglia fraterna: "Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise" (Gen 4,8);

    - È finita la famiglia sociale: "Ho ucciso un uomo per una mia scalfittura e un ragazzo per un mio livido. Sette volte sarà vendicato Caino ma Lamech settantasette" (Gen 4,23-24);

    - È finita la famiglia umana (Gen 11, 1-9. La torre di Babele).

    Rileggiamo i primi undici capitoli della Genesi: è la triste epopea del "peccato del mondo", d’un mondo in cui l’egoismo degli individui e dei gruppi ha sostituito la legge dell’amore.

    Chi pretende di costruire se stesso indipendentemente da Dio, si metterà contro gli altri, strumentalizzerà gli altri, soprattutto i piccoli e i deboli. Il "peccato del mondo" è il peccato di chi abusa della sua forza (religiosa, politica, economica, culturale, fisica, ecc.) per occupare un posto vantaggioso sulle rovine, l’oppressione e lo sfruttamento dei deboli. È questo il peccato che ha ucciso Dio in Gesù Cristo. Tale è il peccato nella rivelazione dell’Antico Testamento: dramma dell’amore, dramma coniugale fra sposi (Dio e il suo popolo), dramma familiare fra Padre e figli.

    Gesù dirà la stessa cosa con altre immagini e altri termini. Il peccatore è colui che si soffoca nelle ricchezze, negli affari, nei piaceri di questo mondo al punto di essere attirato più da questi idoli che dagli appelli di Dio (cfr Lc 14,16-20).

    Gli invitati al banchetto adducono la scusa d’un terreno da vedere, di buoi da provare, d’una donna da non lasciare sola per una sera.

    Falciare un prato, aggiogare un paio di buoi, sposarsi, tutto questo non è cattivo o proibito da nessun comandamento. Il peccato è mettere Dio all’ultimo posto, dopo tutto il resto, anche se vado a messa tutte le domeniche.

    Il peccato non è l’agire quotidiano, ma il dimenticare la presenza sconvolgente dell’amore al centro di questa quotidianità; il costruire la nostra vita come se Dio non ci fosse.

    La vita di una settimana non è formata da tre quarti d’ora dedicati, in qualche modo, alla messa.

    Il peccato è questa mancanza d’attenzione quotidiana all’essenziale, è l’indifferenza alla continua presenza di Dio, è la preferenza accordata a persone e cose che non sono Dio o sono viste fuori dalla visione di Dio e del suo amore. Questa è una vita da adulteri!

    Il peccato è anche rifiuto della condizione filiale (cfr Lc 15,11-32). Alla larga dal Padre. E quindi, alla larga anche dal fratello, il più possibile (cfr Lc 16,19-31). Il ricco della parabola, avvolto nella sua porpora e nel suo lusso, si rimpinza, mentre Lazzaro guarda invano alle briciole. Il sacerdote e il levita escono dal tempio e pensano di essere a posto; non è faccenda loro se il ferito sta morendo sul ciglio della strada (cf. Lc 10,30-37).

    Dobbiamo rileggere tutto il cap. 7 di Marco. I farisei attribuiscono enorme importanza alle pratiche esteriori, alle tradizioni degli antichi e agli usi legali. Il Signore invece vede la legge e quindi il peccato, nel cuore dell’uomo, nei comportamenti dell’uomo verso i propri fratelli: "Ciò che esce dall’uomo, questo sì contamina l’uomo. Dal di dentro, infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, adultèri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l’uomo" (Mc 7,20-23).

    Infine Gesù annuncia che saremo giudicati sull’amore (cf. Mt 25,31-46).

    Concludendo, possiamo dire che non troviamo nel vangelo leggi o proibizioni scritte solamente sulle tavole di pietra o in codici, e imposte dall’esterno. Il peccato è la vioIazione libera e voluta della legge dell’amore iscritta nei cuori, infinitamente più penetrante e più esigente di tutti i codici.

    Dio è nemico del peccato, ma non è nemico dei peccatori. Anzi! Gesù ci comanda di amare i nostri nemici perché l’ha fatto lui per primo. I contemporanei di Gesù aspettavano un messia vendicatore di Dio (cfr Mt 3,5-10), ma Giovanni Battista avrà la stessa amara sorpresa di Giona (Gn 4,1-11). Dopo quaranta giorni non fu distrutta Ninive ma Giona!

    Gesù venne fra i peccatori, anzi come un peccatore fra gli altri (cfr Mt 3,13-17) e si fece battezzare assieme a loro. Fu questo il primo gesto pubblico del Figlio di Dio: un atteggiamento da peccatore, che lo identifica coi peccatori. Lui e i peccatori sono dalla stessa parte; è con loro, per loro, uno di loro, il primo di loro, perché si assume la responsabilità dei peccati di tutti: ne "risponderà" sulla croce. È lui l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo (cfr Gv 1,29). Non è venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori (cfr Mc 2,17).

    Ormai in ogni uomo, in ogni gruppo umano dal quale salirà a Dio il grido del peccato, avremo una speciale presenza di Gesù Cristo per far salire più forte e più alto il grido dell’amore. Per questo il nostro mondo di peccato non scoppia, né mai scoppierà sotto la collera di Dio. Invece dell’ira divina è arrivato Gesù, e Gesù vuol dire "Dio salva".

    Gesù ama i peccatori, "riceve i peccatori e mangia con loro" (Lc 15,2). "Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo" (Lc 15,1). Li cerca, li trova, e ci invita a far festa e a rallegrarci con lui perché "ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione" (cf. Lc 15).

    "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui" (Gv 3,17).

    È questo l’insegnamento della commovente parabola del fico sterile (Lc 13,6-9). Il fico sarà tagliato o no? Sarà l’albero a decidere. Adesso è il tempo dell’amore del vignaiolo per quest’albero inutile. È il tempo della pazienza e della speranza del padrone.

    Il vignaiolo Gesù raddoppierà sforzi e grazie. Il Signore "usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi" (2 Pt 3,9).

    Il tempo della vita e della storia è un tempo di tregua in cui Dio cerca tutti i modi per conquistarsi il cuore dell’uomo. Dio non salva l’uomo senza di lui e tanto meno contro di lui. Il perdono dei peccati non è un gesto di forza, ma un gesto d’amore liberamente accolto.

    La remissione dei peccati non risponde a un pentimento dell’uomo; viene prima. Il figlio è completamente perdonato da sempre, ancora prima di aver abbandonato la casa paterna. In principio c’è il perdono di Dio, senza condizioni. "In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati" (1 Gv 4,10).

    "Dite di lui quello che volete, ma io conosco i mancamenti di mio figlio. Non è affatto perché è bravo che io l’amo, ma perché è il mio bambino. Che sapete della tenerezza che può ispirare, voi che avete la pretesa di fare il conto esatto delle sue qualità e dei suoi difetti? Proprio quando lo debbo punire, egli fa una cosa sola con me stesso. Quando lo faccio piangere, il mio cuore piange con lui. Solo io lo posso rimproverare e punire, perché solo chi ama ha il diritto di castigare" (Tagore).

    Quindi "credo la remissione dei peccati" gratuita, data in anticipo, definitivamente e non come risposta a un gesto del peccatore.

    "Cristo morì per gli empi... Dio dimostra il suo amore verso di noi, perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi" (Rm 5,6-8).

    Ci eravamo fabbricati un falso Dio incapace di fare per primo quello che ci chiede: presentare l’altra guancia, perdonare ai nemici, amare senza essere amato, perdonare "settanta volte sette" cioè sempre. Gesù ci grida: "Amate i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro..." (cfr Lc 6,27-38).

    Dunque "credo la remissione dei peccati" data prima di ogni mio pentimento, incondizionatamente. Credo che i peccati sono perdonati.

    Per perdonare basta Dio: egli è Amore. Ma per riconciliarsi bisogna essere in due. Il Padre potrà abbracciare il figlio, soltanto se questi torna a lui liberamente.

    Chi ama di vero amore sa trovare molte strade per arrivare al cuore della persona amata. L’ostinazione di Dio nell’amare e nel perdonare non si lascia battere dall’amore umano, fosse pure grandissimo. "Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati" (1Tm 2,4); "Dio ha tanto amato il mondo... perché il mondo sia salvato" (Gv 3,16-17). Queste e altre parole di Dio sparse abbondantemente nel libro sacro dovrebbero martellarci la mente e cantarci dentro il cuore giorno e notte. Non incapsuliamo Gesù Cristo, la potenza del suo sangue "versato per tutti" e la forza divinizzante della sua risurrezione nei nostri misurini di praticanti gretti. Il male dell’uomo è uno solo: non sa amare. Permettiamo al buon Dio di essere il buon Dio! Non siamo invidiosi perché lui è buono! La sua bontà va oltre la giustizia senza tuttavia ledere la giustizia (cfr Mt 20,1-16).

    I sacramenti del battesimo e della riconciliazione sono i mezzi privilegiati della remissione dei peccati. L’unzione degli infermi è un sacramento per la remissione dei peccati (Gc 5,15).

    L’eucarestia - a condizione che vi si acceda in buona fede e non in situazione di sacrilegio - rimette i peccati: la comunione è il culmine della riconciliazione con Dio e con la comunità.

    La Chiesa, assemblea dei cristiani, ossia ogni gruppo di cristiani, ogni famiglia, è luogo di perdono e di remissione dei peccati.

    Ogni bene che è vissuto nella Chiesa è remissione dei peccati: l’amore e il servizio, la preghiera e il lavoro, il sorriso e le lacrime, la sofferenza e la vecchiaia, la giustizia e la carità, la penitenza e l’azione di grazie, la vita e la morte, tutto. La Chiesa è un immenso inceneritore dei rifiuti, delle debolezze e dei peccati quotidiani; un depuratore sempre in attività; una lavanderia provvista di attrezzature modernissime e del detersivo che lava così bianco che più bianco non si può: l’amore di Dio, lo Spirito santo (cfr Gv 20,22-23; Sal 50 o 51).

    17.2 Credo la remissione quotidiana delle colpe quotidiane, nella Chiesa

    I sacramenti sono mezzi privilegiati per la remissione dei peccati, ma non sono gli unici! Ogni bene vissuto nella Chiesa è remissione dei peccati:

    - La carità: "La carità copre una moltitudine di peccati" (1Pt 4,8).

    - L’elemosina: "L’elemosina espia i peccati". (Sir 3,33).

    - Le lacrime: "Una donna si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime..." (cf. Lc 7,36-50).

    - La manifestazione delle colpe a Dio: "Ti ho manifestato il mio peccato, non ho tenuto nascosto il mio errore. Ho detto: ‘Confesserò al Signore le mie colpe’ e tu hai rimesso la malizia del mio peccato" (Sal 32,5).

    - L’afflizione del cuore e del corpo: "Vedi la mia miseria e la mia pena e perdona tutti i miei peccati" (Sal 25,18).

    - L’emendamento della vita: "Lavatevi, purificatevi, togliete il male delle vostre azioni dalla mia vista. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova". "Su, venite e discutiamo" dice il Signore. "Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana" (Is 1,16-18).

    - L’intercessione dei santi (i fratelli cristiani): "Se uno vede il proprio fratello commettere un peccato che non conduce alla morte, preghi, e Dio gli darà la vita" (1Gv 5,16). "La preghiera fatta con fede salverà il malato: Il Signore lo rialzerà e, se ha commesso peccati, gli saranno perdonati" (Gc 5,15). La santa madre Chiesa ci insegna a pregare così: "Supplico... voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro".

    - Il perdono delle colpe: "Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi" (Mt 6,14).

    - La conversione di un peccatore: "Chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore, salverà la sua anima dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati" (Gc 5,20).

    Ciò che diciamo per i cristiani, dentro la Chiesa vale, in modo incosciente, incompleto, e tuttavia reale e efficace, anche per i non cristiani. Dio vuole la loro salvezza. Gesù è morto e risorto anche per loro. Il Figlio di Dio ha fatto propria questa condizione umana concreta, quella vissuta da ogni uomo in ogni situazione, a ogni latitudine dentro o fuori dalla sua Chiesa visibile. Ogni uomo è figlio di Dio, fratello di Gesù e fratello nostro: Cristo e l’uomo sono un tutt’uno! Ogni uomo, con assoluta certezza, incontra la grazia del perdono, della crescita, della salvezza, della vita di figlio di Dio in Gesù Cristo, anche se milita, in buona fede, contro la Chiesa, Dio e Cristo. Chiunque ama e serve l’uomo, ama e serve Cristo. E Cristo ha detto: "Se uno mi ama... il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14,23). Impossibile affermare con forza maggiore la remissione dei peccati per chiunque ama. L’amore, ogni amore degno di questo nome, opera, produce la remissione dei peccati perché "l’amore è da Dio; chiunque ama, è generato da Dio e conosce Dio" (1Gv 4,7).

    17.3 Le indulgenze

    Le indulgenze sono un’applicazione della comunione dei santi alla remissione dei peccati.

    Nella Chiesa primitiva, le persecuzioni provocarono l’apostasia dei deboli, che, davanti alla tortura, rinnegarono Cristo. Questi apostati (cui furono aggiunti presto gli omicidi e gli adulteri) erano "scomunicati" e sottomessi, per tutta la vita, a pubblica penitenza: un cilicio come vestito, capelli tagliati, astinenza perpetua dalla carne, e, se sposati, dai rapporti coniugali; proibizione del servizio militare, di funzioni pubbliche, d’ogni commercio, ecc.

    Avveniva allora che certi martiri, mentre attendevano in prigione la loro esecuzione, o certi confessori della fede sopravvissuti alla tortura, dessero agli apostati pentiti delle "lettere di pace", dove si intercedeva presso il vescovo perché, tenuto conto delle sofferenze dei martiri, se ne cedesse il "merito" agli apostati pentiti, scontando la loro penitenza. Scrive s. Cipriano vescovo di Cartagine e martire (+14 settembre 258): "Crediamo che i meriti dei martiri abbiano un grande potere presso il giudice sovrano... Egli può ratificare quanto i martiri hanno domandato e i vescovi fatto".

    La penitenza pubblica cadde in disuso fin dal IV secolo.

    Nel VII secolo i monaci irlandesi reintrodussero la penitenza sacramentale, nella forma di "penitenza tariffata". I peccati gravi danno luogo a una penitenza fissata da una tariffa ufficiale (ad esempio: 100 giorni, 1 anno, 7 anni, 7 quarantene (= quaresime)... di digiuno a pane e acqua).

    In mancanza delle "lettere di pace" dei martiri, si possono dare delle lettere di credito per la costruzione di Chiese, di monasteri, di ospedali, di ponti, delle dighe in Olanda, o per la redenzione degli schiavi. Si apriva così la porta alle buone opere, ma anche al commercio e alle speculazioni. Ciò accadde non di rado dal X al XVI secolo: speculazione dei potenti e superstizione della povera gente. Nel 1561 il Concilio di Trento soppresse i collettori delle offerte indulgenziate. Nel 1569 Pio V stabilì la gratuità delle indulgenze: l’elemosina fu sostituita da una preghiera, da una visita in chiesa o da altro.

    Il 1° gennaio 1967 Paolo VI riformò le indulgenze. Sono questi i due punti essenziali:

    - È abolito il tariffario delle indulgenze parziali.

    - Per ricevere l’indulgenza plenaria, oltre alla confessione, alla comunione e alla preghiera secondo le intenzioni del papa, è necessario "che sia escluso ogni attaccamento a qualsiasi peccato anche veniale".