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    FU CROCEFISSO, MORÌ E FU SEPOLTO

    La vita di Cristo uomo-Dio è confrontata con quella di "un tale chiamato Barabba che si trovava in carcere insieme ai ribelli che nel tumulto avevano commesso un omicidio" (Mc 15,7) e il piatto della bilancia pende in favore di Barabba. Dio prenderà su di sé la croce che spettava all’assassino, morendo innocente al posto del colpevole. Non è un caso, non è un errore giudiziario.

    Gesù è crocifisso tra due malfattori. Ufficialmente sono tre malfattori. Gesù è "messo fra i malfattori" (Mc 15,28) e nemmeno questo è un caso: è una scelta d’amore, una scelta di campo. Cristo si identifica sempre con le vittime, mai con i carnefici. E siccome, vittime e carnefici "senza distinzione, tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù" (Rm 3, 22-24). "Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurci a Dio" (1Pt 3,18).

    Noi peccatori, nella nostra vita, abbiamo più bisogno di pentimenti che di belle pagine, ci nutriamo più di perdono e di misericordia che di belle parole. Prima di morire Gesù pronuncia una preghiera la cui eco non si spegnerà mai nei secoli: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,34).

    Per accertarsi che Gesù fosse veramente morto, "uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue ed acqua" (Gv 19,34). Da quel momento l’unica legge è quella del cuore aperto che versa tutto il sangue per gli altri. Come Dio è Padre-Amore tutto per noi (1Gv 4,7.21) così anche il Figlio è Amore tutto per noi. "Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo... fu crocifisso per noi. Questo è il mio corpo offerto per voi... il calice del mio sangue versato per voi e per tutti".

    Gesù, rifiutando l’egoismo di chi si chiude in se stesso si è svuotato per gli altri e crea una immagine nuova dell’uomo: l’uomo nuovo è l’uomo-per-gli-altri. "Gesù, essendo pienamente per gli altri, è pienamente se stesso, è modello della vera umanità. Diventare cristiani significa diventare uomini, concretizzando il vero essere umano che è "essere-per-gli-altri" ed "essere-per-Dio" (Joseph Ratzinger).

    Morire è amare fino all’ultimo: e questo è vivere. "Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli" (1Gv 3,14).

    È stato detto che si muore soli. Nulla di più falso. Solo Gesù è morto solo; noi moriamo con lui. Meglio, non moriamo, passiamo con lui alla Vita. La morte non ha più lo stesso volto, da quando Cristo vi è entrato e l’ha fatta sua. Prima la morte era solo morte, scomparsa, cancellazione, ora la morte non è più la soglia gelida della solitudine e del nulla; è la "porta stretta e la via angusta che conduce alla vita" (Mt 7,13) dietro la quale Cristo ci attende con le braccia aperte e con il cuore aperto. La morte non è più l’inferno; l’inferno è vinto da quando l’Amore e la Vita, Cristo, ci attende nel luogo che era chiamato il regno della morte.

    Per Gesù morire significò "passare da questo mondo al Padre" (Gv 13,1); per il cristiano significa "essere sciolto dal corpo per essere con Cristo" (Fil 1,23). Nel momento supremo "Gesù, gridando a gran voce, disse: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito" (Lc 23,46); il cristiano, come Stefano, prega: "Signore Gesù, accogli il mio spirito" (At 7,59).

    Fu sepolto. Era proprio necessario introdurre questa espressione in un simbolo della fede già così riassuntivo che aveva tralasciato completamente i fatti importanti della vita di Gesù, come la predicazione, i miracoli, ecc.?

    La sepoltura, sotto la pietra della sua apparente banalità, nasconde la sua parte di mistero. Essa sottolinea una realtà fondamentale: Gesù fu veramente uomo come gli altri; aveva un corpo vero. Il seppellimento è il fatto più eloquente che ci fa dire d’un essere: è stato un uomo in carne e ossa. Non si possono seppellire uno spirito, un angelo, un demonio, un’idea, un’apparenza ecc. Cristo fu sepolto, come un uomo qualsiasi.

    Il Signore è stato sepolto in circostanze ben precise. I vangeli le riferiscono minuziosamente. "Giuseppe d’Arimatea... chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse... Vi andò anche Nicodemo... e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre (ossia Kg. 32,700). Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com’è usanza seppellire per i giudei" (Gv 19,38-40). "Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo e lo depose nella sua tomba nuova che si era fatta scavare nella roccia: rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro se ne andò... Il giorno dopo, che era Parasceve (venerdì, giorno in cui si facevano i preparativi per il sabato), si riunirono presso Pilato i sommi sacerdoti e i farisei dicendo: "Signore, ci siamo ricordati che quell’impostore disse, mentre era vivo: dopo tre giorni risorgerò. Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: È risuscitato dai morti. Così quest’ultima impostura sarebbe peggiore della prima! Pilato disse loro: Avete la vostra guardia, andate e assicuratevi come credete. Ed essi andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia" (Mt 27,59-66).

    Dopo la feroce flagellazione, la crocifissione, il colpo di lancia al cuore, il rapporto ufficiale fatto dal centurione a Pilato, con una quantità di aromi capaci di asfissiare, nel piccolo spazio di una tomba chiusa, anche un sano, era evidente che Gesù giaceva morto, senza possibilità di ritornare in vita. Sigillando la pietra e mettendovi la guardia, non poteva nemmeno essere sottratto dai discepoli. La profezia di Gesù: "Dopo tre giorni risusciterò" era quindi, umanamente parlando, assolutamente impossibile.